Affidarsi agli indizi per valutare il rischio di disturbi gengivali

Uscita al ristorante

Bisognerebbe cercare indizi nello stile di vita dei pazienti per valutare il loro rischio di soffrire di disturbi gengivali?

Come avviene per altre malattie non trasmissibili (Non-Communicable Disease, NCD), stiamo progressivamente comprendendo l’impatto dello stile di vita moderno sui disturbi gengivali. Queste informazioni favoriranno la gestione della condizione e la riduzione della prevalenza dei disturbi gengivali?

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Il termine NCD è stato coniato per identificare patologie principalmente non trasmissibili e di natura cronica. Le 4 NCD principali sono le malattie cardiovascolari, il cancro, il diabete e le malattie respiratorie croniche.1

La parodontite, un’NCD che colpisce il 40-50% degli adulti su scala globale, condivide dei fattori di rischio comuni con altre NCD, tra cui il fumo, il sovrappeso/l’obesità, la glicemia/l’iperglicemia e lo stress.2

Riconoscendo la gestione delle NCD come un onere globale, l’Organizzazione mondiale della sanità ha sottolineato l’esigenza di concentrarsi sull’ipertensione, sull’elevata concentrazione di colesterolo nel sangue, sul consumo insufficiente di frutta e verdura, sul sovrappeso o sull’obesità, sull’attività fisica e sul fumo.3

Quali evidenze indicano che la gestione può limitare i disturbi gengivali?

Si stanno individuando evidenze a supporto del fatto che la gestione di tali fattori possa ridurre anche la malattia parodontale. Secondo una revisione sistematica di Ramseier et al.4, smettendo di fumare, controllando il diabete, aumentando l’attività fisica, correggendo l’alimentazione e perdendo peso si ottiene un miglioramento della salute parodontale e della qualità di vita dei pazienti.

“Con l’obiettivo di migliorare gli esiti del trattamento e la conservazione della salute parodontale, le evidenze attuali suggeriscono l’efficacia degli interventi per smettere di fumare e controllare il diabete, enfatizzando anche l’esigenza di un supporto comportamentale nelle cure parodontali”.4

Come per le altre NCD, oltre a trattare la condizione dovremmo anche sottolineare i fattori di rischio e dare indicazioni ai pazienti sul loro impatto?

Su quali fattori legati allo stile di vita ci dovremmo concentrare per ridurre il rischio di disturbi gengivali?

Quali sono le indicazioni disponibili sulla prima fase della terapia?

Le recenti indicazioni EFP di livello S3 includono la sintesi di 15 revisioni sistematiche commissionate in via speciale. Per la prima fase di terapia, in termini di trattamenti aggiuntivi per l’infiammazione gengivale in tutti i pazienti hanno riscontrato:5

  • Un forte consenso intorno gli interventi di controllo dei fattori di rischio nei pazienti parodontali nel primo step di terapia, sulla base di 25 studi clinici
  • Un consenso unanime intorno agli interventi per smettere di fumare da implementare nei pazienti che si sottopongono a terapia parodontale
  • Consenso sugli interventi di controllo del diabete nei pazienti che si sottopongono a terapia parodontale (sulla base di 2 RCT di sei mesi)
  • A causa dell’insufficienza di evidenze, è mancato il consenso sul ruolo dell’attività fisica, della perdita di peso e del counselling alimentare nella terapia parodontale

Tre dei principali fattori legati allo stile di vita potenzialmente associati a patologia parodontale presentano una forte interrelazione: zuccheri, diabete e obesità.

La malattia parodontale è un motivo in più per consigliare di ridurre il consumo di zuccheri?

Organizzazione mondiale della sanità vedono negli zuccheri liberi un motivo di preoccupazione. Gli zuccheri liberi sono infatti associati a un’alimentazione di scarsa qualità e all’obesità, elementi riconosciuti come fattori di rischio delle NCD.6 Poiché gli zuccheri liberi presentano un legame con le carie dentali, i professionisti dentali stanno già agendo i modo mirato su questo tema.6 IADR e AADR sostengono la scelta di evitare di consumare bevande zuccherate per ridurre l’apporto di zuccheri liberi e quindi diminuire l’incidenza delle carie così come dell’obesità, del diabete di tipo 2 e delle malattie cardiovascolari.7

Sia negli adulti sia nei bambini, l’OMS raccomanda fortemente di ridurre il consumo di zuccheri liberi a meno del 10% dell’apporto energetico totale.6 Con che frequenza ricolleghiamo le discussioni su alimentazione e apporto di zuccheri alle patologie parodontali?

Aumento del rischio di parodontite e diabete

Tra diabete e parodontite esiste una relazione bidirezionale

Diabete e parodontite presentano forti legami (vale a dire, una relazione bidirezionale). Il rischio di diabete è più alto per chi soffre di parodontite e chi soffre di parodontite ha una probabilità tripla di sviluppare una patologia parodontale.8 Inoltre, controllare il diabete è più complicato per i pazienti affetti da parodontite.8 Gli interventi di controllo dei fattori di rischio sono specificamente raccomandati ai pazienti che ricevono cure parodontali di supporto per smettere di fumare e controllare il diabete.5 Maggiori informazioni su questi legami sono disponibili online all’indirizzo https://www.efp.org/gum-disease-general-health/perio-diabetes/.

Le linee guida incoraggiano i professionisti dentali a registrare l’efficacia del controllo del diabete del paziente, prendendo nota di quando è avvenuto l’ultimo monitoraggio della glicemia e addirittura chiedendo una copia degli ultimi livelli di HbA1c riscontrati.8

I pazienti che non soffrono di diabete pur presentando dei fattori di rischio per il diabete di tipo 2 dovrebbero esserne informati e inviati al proprio medico per procedere allo screening.8 Non dimenticare che si stima che 212 milioni di persone siano affette da diabete non diagnosticato!8

Il ruolo del diabete nella salute gengivale è stato attivamente riconosciuto dalle commissioni dentali di tutto il mondo. Secondo le stime, la cura del diabete rappresenta almeno il 5% della spesa sanitaria britannica e fino al 10% della spesa dell’NHS.9 In risposta, nel 2019 l’NHS England ha elaborato uno standard sulla “Cura dentale per chi soffre di diabete” in cui viene riconosciuto il legame bidirezionale con la parodontite proclamando l’esigenza di assicurarsi che i pazienti con diabete possano accedere a servizi efficaci per la salute orale “allo scopo di migliorare il loro benessere orale e generale”.9

I cambiamenti legati allo stile di vita sono direttamente responsabili dell’aumento del diabete di tipo 2 che tende a presentarsi in età più avanzata e che può essere prevenuto o ritardato mantenendo un peso sano e nei 2/3 dei casi.9

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Metro a nastro

L’impatto dell’obesità sullo sviluppo di disturbi gengivali

Studi recenti indicano che la possibilità di sviluppare una parodontite aumenta di 1,8 volte nei soggetti obesi e che chi ha un BMI >30 presenta il triplo delle probabilità di sviluppare una parodontite.10,11Dal 1975 a oggi, l’obesità nel mondo è quasi triplicata.13 Nel 2019, 39 milioni di bambini al di sotto dei 5 anni erano sovrappeso o obesi.12 La maggior parte della popolazione globale vive in Paesi dove il sovrappeso e l’obesità causano più morti dell’essere sottopeso.12

Secondo i Center for Disease Control and Prevention (CDC) statunitensi, negli Stati Uniti la prevalenza dell’obesità tra gli adulti è pari al 40%, con una prevalenza più alta tra la fascia di mezza età (42,8%) rispetto agli adulti più giovani (35,7%), e il tasso di obesità dei giovani corrisponde al 18,5%.13

Lo stato infiammatorio provocato dall’obesità potrebbe accrescere la suscettibilità dell’ospite al degrado parodontale. Sebbene scarsamente compreso, lo squilibrio tra i sistemi immunitario e infiammatorio probabilmente gioca un ruolo importante sia nell’obesità sia nella parodontite.14 Svariati effetti biologici dell’obesità appaiono correlati alla patogenesi della parodontite. In particolare, le citochine infiammatorie come le interleuchine (IL) e il fattore di necrosi tumorale (TNF) intervengono in entrambe le patologie.14

Mentre in passato l’obesità colpiva gli abitanti dei Paesi ricchi, la globalizzazione ha arricchito il pianeta e spinto le popolazioni a passare dalla dieta tradizionale a quella occidentale, introducendo l’obesità anche negli Stati più poveri.15 In alcuni casi, i Paesi a basso e medio reddito devono affrontare sia la malnutrizione, e le malattie infettive che la accompagnano, sia le malattie croniche collegate all’obesità e agli stili di vita occidentali.15 Sebbene il tasso di obesità continui a essere relativamente basso in Cina e India, le dimensioni delle loro popolazioni fanno sì che anche un piccolo aumento percentuale si traduca in un numero significativo di casi.15

Le relazioni con i pazienti

In che modo le relazioni dei pazienti con i professionisti dentali possono fare la differenza nel rischio di soffrire di disturbi gengivali?

Si può affermare che, generalmente, le persone vanno dal medico di base soltanto in caso di sintomi, mentre chi va dal dentista incontra il suo professionista dentale più spesso (circa due volte l’anno).16 Il NICE raccomanda agli operatori sanitari, dentisti inclusi, di valutare il rischio di diabete di tipo 2 dei propri pazienti e i professionisti del settore dentale forniscono già consigli su come ridurre l’apporto di zuccheri, sull’alimentazione generale e su come smettere di fumare.17 Ove applicabile, i mercati locali possono aggiungere ulteriori riferimenti e linee guida.

I pazienti possono beneficiare del metodo del “rapidissimo consiglio” sviluppato per smettere di fumare per promuovere la consapevolezza e supportare l’azione su altri fattori di rischio come il consumo di zuccheri o l’obesità?18

Se considerato insieme alle altre NCD con fattori di rischio comuni, un approccio allargato alla gestione dei fattori di rischio avrà un ruolo fondamentale nel ridurre, in futuro, l’incidenza delle patologie parodontali. I professionisti dentali possono affiancare gli altri operatori sanitari nel diffondere la consapevolezza dei pazienti sull’impatto di questi fattori? La presenza di questi fattori può aiutarci a identificare i pazienti più a rischio prima dello sviluppo della patologia, per assicurarci di intervenire in fase precoce?

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